Il personaggio
Caltanissetta, la fuga dei cervelli: biologo premiato negli Usa per le ricerche sugli embrioni
Il prof. Molé assistente professore di Ostetricia e Ginecologia è uno dei due ricercatori che ha ottenuto il Discovery and Innovation Grant dalla “Society for Reproductive”

Matteo Amitaba Molè, 36 anni, nisseno doc nato a San Cataldo, è uno dei soli due ricercatori al mondo ad avere ottenuto nel 2025 il Discovery and Innovation Grant dell’American Society for Reproductive Medicine. Assistant professor di ostetricia e ginecologia alla Stanford University, ha ricevuto una sovvenzione di 350 mila dollari per studiare le interazioni critiche tra embrione e madre nelle prime fasi della gestazione, con l’obiettivo di migliorare i tassi di successo della fecondazione in vitro e ridurre il rischio di aborto spontaneo.
Il suo lavoro indaga i meccanismi di impianto degli embrioni umani, una fase decisiva ma fragile della riproduzione. Nella società contemporanea, in cui ci si sposa più tardi e diminuisce la fertilità, sempre più coppie ricorrono alla fecondazione in vitro: un percorso costoso, spesso segnato dall’insuccesso e da pesanti ricadute psicologiche, specialmente per le donne. La scienza investe su diagnosi e terapie più efficaci, e la ricerca di Molè punta a colmare i vuoti di conoscenza che ancora ostacolano la riuscita dell’impianto.
Oltre al grant dell’ASRM, Molè ha ottenuto una borsa di studio di due milioni e trecentomila dollari dal California Institute for Regenerative Medicine (CIRM) di San Francisco, a conferma del valore e dell’impatto potenziale delle sue ricerche.
Il suo percorso parte dal Liceo Classico “Ruggero Settimo” di Caltanissetta, prosegue con la laurea con lode in Scienze Biologiche a Pavia, quindi con il dottorato a Londra e il post dottorato a Cambridge. Ha conseguito una licenza presso la UK Human Fertilisation and Embryology Authority (HFEA) e ha condotto studi su embrioni umani donati da pazienti sottoposte a fecondazione in vitro, esperienza che gli ha consentito di affinare approcci sperimentali rigorosi e clinicamente rilevanti.
«Matteo ha avuto sempre questa passione – racconta il padre Giovanni, fisioterapista in pensione –: da piccolo non voleva giocattoli, ma provette per fare esperimenti. Ha studiato con determinazione e oggi corona i suoi sogni. È l’esempio di chi non si arrende, studia, si impegna e alla fine viene premiato».
Dal primo luglio 2023 Molè è entrato a far parte della Stanford University come professore associato al Dipartimento di ostetricia e ginecologia e membro della Divisione di biologia della riproduzione, delle cellule staminali e perinatale. Il suo gruppo esplora in dettaglio i segnali che regolano l’adesione dell’embrione all’endometrio e l’avvio dello sviluppo placentare: il successo dell’impianto è la premessa di una gravidanza sana.
«Tra la prima e la seconda settimana di gestazione – spiega – l’embrione deve impiantarsi saldamente nell’utero materno e avviare la placenta, che garantisce nutrienti e ossigeno. L’impianto è altamente suscettibile al fallimento: molti embrioni non progrediscono oltre questa fase, con aborto spontaneo precoce. Ciò costringe spesso le pazienti a più cicli di fecondazione in vitro, senza garanzie. Il nostro obiettivo è chiarire le interazioni madre-embrione che iniziano al momento dell’impianto e sviluppare interventi clinici contro i fallimenti di impianto alla base degli aborti preclinici. Le prime due settimane sono le più difficili: la ricerca ci indica dove intervenire per evitarlo».