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L'intervista

Una università aperta: Giovanna Spatari, la rettrice che mette genere e comunità al centro

Al timone dell'ateneo di Messina, vuole un'università inclusiva: prevenzione della violenza di genere, memoria delle vittime e rilancio culturale del territorio

Manuela Modica

23 Novembre 2025, 13:17

La rettrice dell'Università di Messina Giovanna Spatari

La rettrice dell'Università di Messina Giovanna Spatari

«Un'università aperta, in cui ognuno si senta parte di un cambiamento», Giovanna Spatari, rettrice dell'università di Messina, propone questa immagine, questa visione. Lo fa proprio quando le si propone l'argomento più spinoso, perché lei, unica donna alla guida di un Ateneo da Roma in giù, è anche a capo di quella tra le più note per le inchieste giudiziarie che hanno coinvolto i suoi rettori.
Lei risponde senza esitare: «Sto lavorando per un'università non governata da conflitti, e in cui ogni studente possa venire a parlare con la rettrice, in cui ogni individuo sia parte di un'evoluzione», insiste. Si parte da qui, ma è la fine di una lunga chiacchierata che Spatari ha concesso in una tarda mattinata di metà novembre, mentre fuori pioviggina e lei esordisce con due nomi: Antonella Cocchiara e Angela Bottari. Entrambe scomparse presto, Cocchiara è stata docente di storia delle Istituzioni, mentre Bottari è stata parlamentare del Pci. «Antonella perché aveva capito che l'università doveva essere da traino verso il territorio sulla questione di genere, cogliendo, nella misura migliore possibile, l'opportunità che aveva dato il ministero per le Pari opportunità di organizzare dei corsi “donna, politica e istituzioni” che lei ha animato di contenuti straordinari».

Angela Bottari invece?
Quando più parve duro sostenere questa sfida elettorale, lei mi disse: «No, non sei una candidata per caso, vai avanti come un treno». Fu uno sprone per me importantissimo in un momento delicato.
Lei è stata prima presidente donna della società italiana di Medicina del lavoro e adesso è la prima rettrice del Sud, com'è successo?
Il fatto veramente innovativo è che sono una rettrice che ha fatto delle logiche al femminile una parte consistente del suo percorso, ovvero la singolarità è che io sia arrivata proprio dai temi di genere.
Quanto è difficile essere l'unica donna?
La parte davvero complicata in realtà è stata arrivare alla candidatura e mantenerla. Detto con franchezza, se ad aprile del 2023, mi avessero detto che a fine anno avrei fatto la rettrice, mi sarei fatta una grassa risata, non avevo mai lavorato per questo obiettivo, è capitato tutto molto velocemente.
Ed è stata una campagna elettorale difficile?
Non direi esattamente questo, ma di certo capitava che venissi descritta come la “pupilla di”: io in quanto donna ero “pupilla”, gli altri erano semplici candidati, eppure le condizioni erano le stesse per tutti.

Una donna candidata alla guida di un'università era un evento troppo nuovo?
Guardi, credo che questo trend potrebbe essere invertito a breve perché fino a qualche anno fa erano poche le donne ordinario, adesso sono molte di più e questo porterà ad avere molte più rettrici, ne sono convinta.
Questo ateneo ha subito due venti tragici molto forti, come l'omicidio di Lorena Quaranta e quello, ancora più recente, di Sara Campanella, quest'ultimo avvenuto quando lei era già rettrice.
Due eventi che c'hanno colpito profondamente. Quest'ultimo di Sara, poi, è stato particolarmente complicato da elaborare, perché non si ascrive alle dinamiche, che finora avevamo conosciuto, dell'evento violento maturato all'interno di una relazione.
E parliamo di una ragazza, Sara, che era molto vigile sui temi del femminicidio. Ho avuto la fortuna di conoscere i suoi genitori che sono persone straordinarie, e so che Sara aveva un grado di consapevolezza molto elevato. Eppure non è bastato.

Com’è cambiato quest'omicidio nel modo di rapportarsi alle tematiche di genere?
Non posso dirlo con esattezza, ma posso dirle che vado ogni tanto nei licei, racconto la storia di Sara per come mi è stata generosamente offerta dall'amicizia con la sua splendida madre e dico che tutti dobbiamo fare la nostra parte, lo dico ai ragazzi: non pensate che non vi riguardi, perché vi riguarda eccome. Siamo tutti chiamati a non ignorare gli alert. Importante è anche l'educazione all'affettività che deve partire dal rispetto delle differenze che rendono ciascuno unico con le sue fragilità.

La scelta di dare a Paola Cortellesi la laurea honoris causa il prossimo 27 novembre è in linea con tutto questo?
Assolutamente, e si faccia attenzione al fatto che è una laurea non in materie umanistiche ma in Giurisprudenza, perché si è fatta tramite per portare avanti il tema dei diritti. Noi possiamo fare tanto con la formazione, e lo facciamo, ma abbiamo anche bisogno di modelli.

L'università di Messina è anche l'unico vero argine allo spopolamento?
Di certo deve essere competitiva dal punto di vista formativo, e noi questo lo facciamo, ma c'è un problema di opportunità di lavoro: i ragazzi vanno via anche per inserirsi in un contesto lavorativo più florido. Ma su quel contesto non possiamo intervenire.
Avete firmato un protocollo d'intesa per il Maxxi Med, quale sarà la parte dell'Ateneo?
Metteremo a disposizione uno spazio espositivo all’interno di Villa Pace, e immaginiamo una sinergia culturale che possa coinvolgere il più possibile la comunità accademica. Restiamo aperti alle collaborazioni con le istituzioni. Sperando di arrivare ad una dimensione in cui l'Ateneo sia avvertito come la casa di tutti e possa accogliere e anche trattenere.