L'omicidio
Delitto Mattarella, ai domiciliari per depistaggio l'ex prefetto Piritore. «Fece sparire il guanto del killer» - LE INTERCETTAZIONI
Un indizio che oggi potrebbe rivelare il Dna dei killer: l'arresto dell'ex funzionario e le presunte menzogne che avrebbero sviato le indagini sull'assassinio del fratello del presidente della Repubblica
L'omicidio di Piersanti Mattarella
Dopo essere stato convocato dalla procura di Maurizio De Lucia, l’ex prefetto Filippo Piritore appariva molto agitato: “Figura di merda, non ricordavo un cazzo”, diceva al telefono, per poi parlare “di occultamento del guanto”, scrive la gip Antonella Consiglio nell’ordinanza in cui dispone l’arresto di Piritore per depistaggio.
La Dia ha notificato la misura degli arresti domiciliari a Piritore, originario di Agrigento, ex funzionario della Squadra mobile di Palermo, ex questore di Caltanissetta ed ex prefetto. Lo rende noto la Procura di Palermo. Piritore è indagato per il depistaggio delle indagini sull'omicidio dell’ex presidente della Regione Siciliana Piersanti Mattarella. Sentito dai pm sul guanto trovato il giorno del delitto a bordo della Fiat 127 usata dai killer, mai repertato né sequestrato, secondo i magistrati « ha reso dichiarazioni rivelatesi del tutto prive di riscontro, con cui ha contribuito a sviare le indagini funzionali (anche) al rinvenimento del guanto (mai ritrovato)».
Poco dopo l'interrogatorio in procura, così parlava al telefono: "Io poi gliel'ho detto...guardi secondo me...naturalmente non lo posso scrivere...non lo scriva...dice no сі mancherebbe...dice è tanto per parlare...dico saranno sparite negli anni '90 perché dico prima nell"80 servivano da solo...non potevano servire solo per le impronte digitali...e dopo è venuto il Dna...quindi sono sparite da...se sono state occultate (...) Sono state occultate negli anni '90...quando si è scoperto il Dna".
Secondo la gip, "nulla di quanto dichiarato dal Piritore è risultato rispondente al vero; oltre che rispondente ma neanche a logica ed elementare buon senso, tanto da apparire come un affronto per chi le riceve e le deve valutare".
Condotte che “senza alcun dubbio” connotano il delitto di depistaggio, scrive la gip nell’ordinanza in cui dispone l’arresto di Piritore, ex questore e prefetto, all’epoca dell’omicidio del presidente della Regione Piersanti Mattarella, in squadra mobile. Tutto ruota intorno alla scomparsa di un guanto di pelle marrone, trovato sulla Fiat 127, l’auto usata dai killer per scappare e poi abbandonata. Il guanto è nel fascicolo dei rilievi tecnici del 6 gennaio 1980: era un indizio rilevante, l’unico oggetto non riconosciuto dal proprietario dell’auto e quindi riconducibile ai killer, che con le nuove tecnologie potrebbe far risalire al DNA di chi sparò al presidente. Fu classificato come unico oggetto che potrebbe appartenere ai criminali.
Filippo Piritore era allora funzionario della squadra mobile di Palermo e fu lui ad andare sul luogo del delitto e a prendere in consegna il materiale ritrovato. Verbalizzò che il proprietario della 127, Isidoro Fulvo, non riconosceva il guanto come suo. Era il 7 gennaio 1980, il giorno dopo l’assassinio. Eppure il guanto non fu sottoposto a sequestro e non esiste traccia della sua repertazione. Sentito dalla procura di Palermo guidata da Maurizio De Lucia, il 17 settembre 2024, Piritore ha riferito di avere consegnato il guanto a Giuseppe Di Natale della Scientifica su ordine di Pietro Grasso, allora sostituto procuratore. Ma Grasso ha negato di averlo ricevuto o di avere dato disposizioni e anche Di Natale ha negato di avere ricevuto il guanto o l’incarico, sottolineando che, in quanto tecnico dattiloscopista, non usciva mai dal laboratorio per consegne in procura. Piritore nel 2014 ha aggiunto che dopo il passaggio da Grasso il guanto sarebbe tornato a un certo “Lauricella” della Scientifica, come da annotazione: non è stata trovata però alcuna traccia di tale annotazione né prova dell’esistenza di alcun Lauricella.
Secondo la gip, le affermazioni di Piritore su Grasso e Di Natale sono assolutamente inverosimili e risultate false; su “Lauricella”, “assolutamente falsa, ma depistante e sovrabbondante rispetto alla eventuale necessità di difendersi”. L’intento era di deviare le indagini verso soggetti e documenti poi verificati come inesistenti; Piritore sarebbe “portatore di interessi chiaramente contrari all’accertamento della verità”.
Piersanti Mattarella, fratello del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, fu ucciso il 6 gennaio 1980. Quella mattina stava uscendo dalla sua casa in via Libertà per andare alla messa alla chiesa di San Francesco di Paola. Alle 12.45 era a bordo della propria auto con la moglie Irma Chiazzese e la figlia Marina, in attesa del figlio Bernardo. Un uomo si avvicinò e, dopo aver tentato invano di aprire lo sportello, esplose alcuni colpi verso il presidente, che cadde riverso sulla moglie.
Furono processati come mandanti Totò Riina, Michele Greco e Francesco Madonia, e come esecutori Giusva Fioravanti e Gilberto Cavallini, appartenenti ai Nuclei Armati Rivoluzionari (NAR), movimento di estrema destra responsabile di numerosi omicidi che avevano destabilizzato l’ordine democratico.
Il processo si concluse con la condanna dei mafiosi e l’assoluzione dei terroristi.
La procura di Palermo ha riaperto le indagini. Secondo il procuratore Maurizio De Lucia e la sostituta Francesca Dessì, a sparare al presidente della Regione siciliana sarebbe stato Antonio Madonia, figlio del capomafia di Resuttana, Francesco.