Operazione Khalipha
La banda di violenti "capitanata" dal figlio naturale di Laudani: avviso per 9 indagati
La procura ha chiuso le indagini ed è pronta a chiedere il rinvio a giudizio.
Indagini chiuse in poco tempo. L’operazione Khalipha, che qualche settimana fa ha (ri)portato in carcere Alberto Caruso, il figlio naturale di Gaetano Laudani (ammazzato 30 anni fa), è arrivata a un passo dalla richiesta di rinvio a giudizio. L’inchiesta è quella che ha fatto luce sulla violenta rapina, con sequestro e tortura, avvenuta l’anno scorso ai danni di un imprenditore a cui furono svuotate le casseforti con soldi e gioielli. I banditi si erano travestiti da finanzieri simulando un controllo.
Grazie al sofisticato impianto di videosorveglianza che la vittima aveva installato nella villa di Misterbianco, i carabinieri riuscirono a individuare alcuni dei responsabili che furono sottoposti a intercettazione. E così gli investigatori scoprirono che la gang aveva come “capitano” il rampollo dei Laudani (anche se la mafia, come aggravante, è esclusa dalle accuse) e, inoltre, si serviva dei poteri esoterici di un fantomatico sciamano. Che avrebbe avuto il ruolo di “proteggere la banda”.
A rafforzare ancor più il quadro indiziario sono state le dichiarazioni di uno degli arrestati i cui verbali sono stati depositati al Riesame.
L’avviso di conclusione delle indagini è stato notificato a Domenico Aleo, difeso dall’avvocato Massimiliano Amato, Alberto Caruso, difeso dagli avvocati Maria Caterina Caltabiano e Alessandro Coco, Andrea Caggegi, difeso dall’avvocato Giuseppe Marletta, Khalipha Casse, difeso dall’avvocato Enzo Merlino, Antonio Gambitta, difeso dall’avvocato Maria Michela Trovato, Valentina Maugeri, difesa dall’avvocato Massimo Ferrante, Vincenzo Mazzone, difeso (d’ufficio), Alessandro Sapiente, difeso dall’avvocato Carmelo Speranza, e Gianfranco Sapiente, assistito dall’avvocato Dario Giuseppe Polizza Favaloro.


