La storia
Mazara, ad un mese dalla morte di Cristina il racconto della sua lotta per un sistema sanitario migliore
Il marito Tranchida racconta l’insegnante e la battaglia per aiutare gli altri dopo la denuncia sui referti istologici
«Maria Cristina ha sacrificato il suo pudore, ci ha messo la faccia, ha esposto la sua malattia. Non lo ha fatto per sé, ma per tutti». Con queste parole, diffuse attraverso il giornale della Diocesi mazarese, Giorgio Tranchida, marito di Maria Cristina Gallo, ricorda la moglie di Mazara del Vallo scomparsa il 10 ottobre scorso dopo una lunga battaglia contro un tumore al quarto stadio, aggravato da un ritardo di otto mesi nell’esame istologico.
Una denuncia pubblica che ha aperto un’inchiesta giudiziaria e portato a processo 19 medici. La storia di Maria Cristina non è solo quella di una paziente, ma di una cittadina che ha scelto di non voltarsi dall’altra parte. «Non ha mai chiesto vendetta – dice il marito – non nutriva rabbia. Cercava giustizia. Per lei ignorare un’ingiustizia significava alimentare la rassegnazione, e questo non faceva parte del suo carattere». Il suo racconto è un atto d’accusa contro una sanità che, invece di offrire aiuto, ha tolto tempo e speranza.
«Potrei usare tante parole: negligenza, superficialità, distrazione. Tutto questo ha tolto a mia moglie l’opportunità di curarsi in tempo», denuncia. Ma non tutto è da condannare: Tranchida ricorda con gratitudine l’Istituto Nazionale Tumori di Milano e il reparto di Oncologia di Castelvetrano, dove Maria Cristina si sentiva «a casa», circondata da professionalità e umanità. Una denuncia che non è dunque contro singole persone, ma contro un sistema che disumanizza e che in Sicilia funziona male. «Maria Cristina non ha mai fatto nomi. La sua battaglia era contro una sanità malata, contro chi si gira dall’altra parte. Ha affrontato tutto con serenità, fede e sorriso».
Per Giorgio Tranchida, ancora avvolto da un dolore che affronta con serenità, «umanizzare la sanità» significa restituire centralità alla persona, non al fascicolo. «La cura deve essere democratica, per tutti, indipendentemente dal reddito o dal ruolo sociale – ha concluso – è tempo che la Sicilia volti pagina. Per Maria Cristina, per tutti noi». Nel frattempo, l’Asp di Trapani è stata commissariata e si cerca di recuperare l’immagine perduta, mentre la giustizia prosegue il suo cammino: sono diciannove gli indagati, tra medici e dirigenti dell’Asp di Trapani, coinvolti nell’inchiesta che ha scoperchiato un sistema sanitario segnato da gravi carenze strutturali, ritardi cronici, disorganizzazione ed errori ripetuti. Un quadro inquietante che non rappresenta un caso isolato, ma il sintomo di un malfunzionamento diffuso.