L'inchiesta a Palermo
Cuffaro e la tangente, battaglia sull’intercettazione: «Fattillu venire ddà e ci duni i sordi»
Il ricorso al Riesame. I pm insistono: l’ex governatore ha pronunciato la parola «soldi»
Per i pm di Palermo non ci sono dubbi. Totò Cuffaro rivolgendosi a Carmelo Pace parlava di «soldi». Ed erano i soldi che l'ex governatore aveva ricevuto da Alessandro Vetro, l'imprenditore finito già nei faldoni di altre inchieste su appalti e lavori, per arruffianarsi il direttore del Consorzio di Bonifica della Sicilia Occidentale, Giovanni Tomasino.
Al Riesame sarà battaglia sul contenuto delle intercettazioni, soprattutto quelle nel capitolo della «tangentopoli per l'irrigazione». La difesa di Cuffaro già all'interrogatorio di garanzia aveva tirato fuori l'asso dalla manica con la consulenza sulle trascrizioni di alcuni dialoghi. E per il perito nominato dagli avvocati Giovanni Di Benedetto e Marcello Montalbano, il politico di Raffadali non avrebbe pronunciato la parola «soldi». Ma i pm, che hanno coordinato l'inchiesta del Ros su nomine, appalti e concorsi pilotati dal comitato d’affari diretto da Cuffaro, ritengono che quella consulenza della difesa sia errata.
Nel ricorso depositato al Tribunale del Riesame di Palermo contro l'ordinanza del gip si legge «dall'ascolto della conversazione in argomento risulta assolutamente percepibile la frase rivolta (utilizzando repentinamente un tono di voce molto basso) a Pace da Cuffaro «…e vabè…fattillu venire ddà e ci duni i sordi…», seguita immediatamente dopo quella pronunciata da Pace «…poi oggi mi massacrano contro Filippo…».»
La procura di Palermo ha affilato gli artigli e ha nominato un altro consulente che ha confermato quanto trascritto dalla polizia giudiziaria. «Del resto, il proferimento della frase da parte di Cuffaro all’indirizzo di Pace è stato riscontrato non soltanto dalla polizia giudiziaria cui è stato espressamente delegato il riascolto ma anche dal consulente trascrittore incaricato da quest’ufficio», scrive la procura nell'atto di impugnazione.
I pm evidenziano ai giudici del Riesame gli errori di valutazione in cui sarebbe incorso il giudice: «Il diretto ascolto della conversazione intrattenuta da Cuffaro e Pace consente di cogliere un ulteriore e importantissimo elemento indiziario erroneamente del tutto trascurato dal gip, in particolare la diversa calibrazione del tono di voce, che – secondo i pm – non può trovare alternativa logica spiegazione nell’evidente consapevolezza di entrambi circa la natura illecita dell'argomento trattato». La procura, inoltre, collega il dialogo fra Pace e Cuffaro con quello del deputato regionale e il direttore del consorzio di bonifica. «Gigi alle undici devi venire in commissione». Esortazione a cui Tomasino rispondeva: «Alle undici sono in commissione…». Per i pm non ci sono dubbi: «Appare allora oggettivamente palese come la richiesta di incontro cripticamente sollecitata a Tomasino da Pace su indicazione di Cuffaro non fosse altro che un modo per fare pervenire giustappunto al pubblico ufficiale i soldi che appena pochi istanti prima l'imprenditore Vetro aveva consegnato all'ex governatore».
La procura di Palermo, quindi, sollecita il Tribunale della Libertà di far scattare le misure cautelari chieste nei confronti di Pace, Tomasino e Vetro. Richieste che erano state rigettate dal gip. Il campo di battaglia (tecnico-giuridica) pare sarà davvero sul filo dell' ascolto delle intercettazioni.