di Giorgia Nunnari
"Volevo essere partigiano, urlare di agire con il cuore e attraverso ciò che unisce, non ciò che ci divide." Simone Caliò parla così della sua nuova mostra "Minimo Comune Cuore". L'esposizione verrà inaugurata sabato 22 novembre alle 18:00 con la presentazione di Dominga Carrubba e arricchirà i corridoi del Mondadori Bookstore di Messina fino all'8 dicembre 2025.
L'urlo di Caliò arriva forte e chiaro attraverso colori sgargianti e una simbologia potente, da trovare nelle oltre trenta opere esposte, tra oli e acquerelli.
La premessa è quella di una ricerca necessaria di un minimo comune denominatore emotivo che leghi l'esperienza individuale a quella collettiva. Secondo l'autore, "l'arte in questo è fondamentale, perché riesce a cogliere il sentire comune."
L'ispirazione arriva dai viaggi, ma anche dai momenti vissuti in piazza durante le manifestazioni per la Palestina degli scorsi mesi. "Questo movimento ha dato voce a tutti noi," spiega. "In queste occasioni abbiamo sentito di fare parte di una collettività."
L'artista, che indossa sempre una collanina che lo rappresenta, lo ha scelto come simbolo universale, non solo religioso. "Studiando – ha detto – ho visto che è un'icona che appartiene un po' a tutti, un segno di benevolenza e compassione. Unisce tutti nella fratellanza un po' come hanno fatto gli attivisti della Flotilla."
A questo si uniscono poi altri due simboli messi in parallelo per l'uso che ne è stato fatto dai rispettivi popoli: il pesce e l'anguria. Se il primo è stato infatti usato per identificarsi dai cristiani nell'Impero romano (la parola in greco antico era acronimo di Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore), il secondo fa invece parte della storia dei palestinesi grazie ai colori che rimandano alla bandiera e si è ultimamente diffuso anche sui social. "Sono simboli di resistenza" per Simone Caliò, che nelle sue opere li ha messi insieme, a ricordarci l'universalità del bisogno di identità e quella necessità di empatia e quell'idea di esperienza collettiva da cui era partito.
A tutto questo si aggiungono poi le suggestioni del viaggio in Francia, dalle atmosfere, all'architettura parigina. "Alcuni quadri raffigurano proprio la visione che avevo dalla stanza d'albergo," racconta ancora Caliò. "Di fronte avevo anche altre finestre che ho usato come simbolo dell'indagine sui cuori degli altri."
Tra influenze spagnole e atmosfere francesi, la Sicilia resta presente nei colori e "nel sentire messinese". Così come restano le marine tipiche dell'artista, in questo caso ennesima rappresentazione simbolica che indica un' isola di pace a cui aspirare.