il colloquio
Decontribuzione Sud, Di Bella rilancia la sfida: «Misura stabile e “paracadute” della Regione»
«Non chiediamo assistenzialismo, ma riequilibrio competitivo stabile. E in Sicilia l'intervento è compatibile. Schifani sensibile, ora un confronto»

I dati di Decontribuzione Sud - nella prima versione, quella “originale” - sono emblematici. Dal 2021 al 2023 ha generato circa 23.000 nuovi posti di lavoro nel Mezzogiorno, contribuendo a un aumento del Pil siciliano del 2,5%. «È una misura che ha funzionato perché ha inciso direttamente sul costo del lavoro, sostenendo l’occupazione stabile». Franz Di Bella, vicepresidente vicario di Confindustria Catania, sin dall’inizio in trincea per difendere l’intervento, rilancia la sfida in un colloquio con La Sicilia.
Partendo da un altro numero. «Purtroppo, la versione introdotta con la legge di Bilancio 2025 ne ha limitato l’impatto. Il ricorso all’esonero contributivo - dettaglia - è crollato del 68% secondo l'Istat, in particolare per le assunzioni a tempo indeterminato, a causa dei vincoli del regime de minimis, dei limiti di fatturato e di dimensione aziendale, oltre che della complessità burocratica». E allora «serve un intervento deciso per semplificare e potenziare la misura: aumentare i massimali del de minimis, estendere la platea anche alle aziende medio-grandi, e introdurre procedure più snelle e trasparenti. La misura - afferma il rappresentante di Confindustria - ha funzionato finché le regole sono state chiare e stabili. Le imprese programmano su orizzonti di anni, non di mesi: serve che il quadro normativo dia certezze strutturali». In pratica, Di Bella invoca l’upgrade di Decontribuzione Sud a a intervento strutturale. «Non deve essere vista come un semplice incentivo temporaneo, ma come un pilastro di una più ampia politica industriale per il Mezzogiorno. Al Sud il costo del lavoro e i vincoli infrastrutturali incidono in modo strutturale sulla competitività: per questo serve un quadro stabile, pluriennale, che dia alle imprese la possibilità di programmare». E qui si arriva al punto: «La mia proposta - precisa - non è assistenzialismo, ma una strategia di riequilibrio competitivo. Una decontribuzione stabile e modulata può rappresentare la chiave per attrarre nuovi investimenti, trattenere quelli esistenti e sostenere la transizione verso modelli produttivi più innovativi e sostenibili». Con un prerequisito: «Se vogliamo trattenere investimenti, attrarre nuove imprese e creare occupazione di qualità, dobbiamo costruire un contesto favorevole, chiaro e duraturo, in cui lo Stato e la Regione agiscano insieme per ridurre il divario con il resto del Paese».
In questo contesto diventa decisiva la sinergia fra forze imprenditoriali e istituzioni. «Sul piano regionale, auspichiamo l’introduzione di una misura complementare: una sorta di Decontribuzione Sicilia, una legge “paracadute” che integri gli interventi nazionali. L’obiettivo è costruire un meccanismo compatibile con le regole europee, basato su crediti d’imposta o compensazioni fiscali, che garantisca una decontribuzione tra il 20 e il 30% per un periodo di 3-5 anni. Potrebbe essere maggiorata - ipotizza il vicepresidente di Confindustria Catania - per le aziende che investono in innovazione, sostenibilità ambientale, digitalizzazione e per quelle che operano nelle aree più svantaggiate della regione. Fondamentale, a mio avviso, introdurre clausole sul mantenimento dei livelli occupazionali e meccanismi di claw back in caso di mancato rispetto degli impegni: solo così la misura può essere sostenibile e realmente efficace». Potrebbe essere un esempio virtuoso di quella che Di Bella auspica come «una collaborazione fondarsi su una visione condivisa: il governo regionale e le associazioni di categoria devono lavorare in sinergia, con l’obiettivo comune di sostenere le imprese, consolidare posti di lavoro stabili e favorire investimenti duraturi». Anche perché, precisa, «conosciamo la sensibilità mostrata dal presidente Schifani verso il mondo produttivo e siamo certi non farà mancare un momento di confronto basato su dati, evidenze e risultati misurabili».
Una Decontribuzione Sud a “doppio binario” sarebbe un toccasana per Catania, «un nodo strategico per la Sicilia e per l’intero Mezzogiorno». In tutto circa 332.000 occupati e contribuisce per oltre il 23% al valore aggiunto regionale, «numeri che testimoniano un tessuto economico vitale, ma anche esposto a forti pressioni». Ma le imprese, come testimonia Di Bella, «stanno affrontando una fase complessa, segnata da rincari energetici e logistici, difficoltà di accesso al credito, carenza di infrastrutture materiali e digitali e vincoli normativi che rallentano gli investimenti». La priorità, oggi, è «creare un quadro stabile che permetta alle aziende di pianificare con serenità il medio-lungo periodo». E cioè «un ambiente favorevole agli investimenti, capace di attrarre capitali, sostenere l’innovazione tecnologica e garantire posti di lavoro qualificati e duraturi», ma anche «una visione organica che coniughi le esigenze locali con strategie nazionali coerenti e concrete per il nostro territorio e per il Mezzogiorno», chiosa l’imprenditore.
Infine, un cenno all’avvio delle procedure di rinnovo dei vertici della Camera di Commercio del Sud-Est, socia di maggioranza assoluta di Sac. Che partita gioca Confindustria Catania sulla corsa camerale che condizionerà gli assetti di potere su Fontanarossa? «Su questo tema posso dire che la questione è nelle mani della nostra presidente Maria Cristina Busi, e del past president Antonello Biriaco. Sono certo che sapranno rappresentare al meglio le posizioni di Confindustria Catania», taglia corto Di Bella.