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Il rapporto

Svimez: le mafie sono fattore di distorsione dell'economia, "lavati" 61 miliardi di fondi neri

I dati del riciclaggio nel periodo 2010-2024. Cosa Nostra cerca di recuperare terreno sulla potente 'Ndrangheta. Al Sud i clan controllano i territori, ma i soldi li investono al Nord.

Laura Distefano

27 Novembre 2025, 14:12

15:08

Svimez:  le mafie sono fattore di distorsione dell'economia,  "lavati" 61 miliardi di fondi neri

Le mafie sono un «fattore di distorsione» del sistema economico nazionale. Il capitolo 19 del rapporto Svimez affronta anche l'impatto delle attività delle quattro organizzazioni criminali italiane

Cosa nostra, camorra, 'ndrangheta e sacra corona unita sul sistema finanziario, istituzionale e sociale. L'incidenza varia da territorio a territorio: se al Mezzogiorno «si manifesta prevalentemente attraverso il controllo del territorio e la gestione degli appalti pubblici», nel Centro‑Nord assume forme più complesse di infiltrazione orientate all'investimento e al riciclaggio dei soldi sporchi. Ecco perché quando qualcuno dice che la mafia è una «roba» che deve risolvere il Sud dell'Italia si sbaglia di grosso. Perché come la criminalità organizzata va dove c'è prosperità, soldi, benessere. Il denaro interessa alle mafie. Al Mezzogiorno controllano i loro feudi assoldando manovalanza e accrescendo potere criminale. E al Nord fanno i boss in giacca e cravatta, diventando irriconoscibili e riuscendo a mimetizzarsi. Anche l'evasione fiscale diventa uno strumento di concorrenza illecita utilizzato dalle consorterie criminali. «Sono fenomeni difficili da intercettare – si legge nell'ultima relazione della Dia – poiché in molti casi gli imprenditori, piuttosto che incolpevoli vittime dei mafiosi, ne diventano in qualche modo conniventi e complici». Da qui le fatture fantasma per pagare le estorsioni. La mafia è camaleontica. E non lo è da oggi. Lo è sempre stata. La parentesi dell'attacco allo Stato, con le Stragi e il sangue, è stato l'errore dei Corleonesi che è riuscito a depotenziare Cosa Nostra facendo diventare la 'Ndrangheta la prima potenza mafiosa d'Europa. E forse del mondo, grazie alle alleanze con i cartelli dei narcos sudamericani.

«Le organizzazioni mafiose riescono a utilizzare i mercati e gli strumenti dell'economia ordinaria come canale di reimpiego e legittimazione dei proventi criminali».

Svimez è un rapporto che cerca di cristallizzare con numeri e dati un fenomeno. Per averne contezza quantitativa e statistica: il “peso” effettivo in termini economici e territoriali. Quantificare l'entità degli investimenti delle mafie nell'economia legale è davvero complesso. Lo Svimez – si legge nel rapporto – ha elaborato in collaborazione con la Guardia di Finanza un insieme di dati sui reati economici emersi dalle denunce e dagli accertamenti condotti dalle Fiamme Gialle per ricostruire il peso economico delle mafie dal 2014 al 2024.

Tra il 2010 e il 2024 l’importo accertato dalla Finanza delle somme di denaro riciclate è di 61,4 miliardi di euro: 29,8 miliardi al Nord, al Centro 20,3 miliardi, 11,3 miliardi nel Mezzogiorno. Oltre il 80% di questa enorme mole di denaro è stata dunque riciclata nelle regioni del Centro‑Nord, soprattutto in Lazio, Toscana, Lombardia, Emilia‑Romagna, Veneto e Piemonte. Nello stesso periodo, il Nord prevale anche per numero di denunce per questo reato «sentinella» delle infiltrazioni nell’economia legale: 14.375, a fronte di 10.307 e 11.847 denunce rispettivamente nelle regioni centrali e del Mezzogiorno. Questo evidenzia la capacità ormai consolidata delle organizzazioni criminali di spostare e reinvestire capitali illeciti al di fuori dei contesti di origine, seguendo le traiettorie dello sviluppo economico e della redditività dei mercati locali.

Un importante indicatore arriva dal numero di segnalazioni di operazioni sospette che l’Unità di informazione finanziaria (Uif) della Banca d’Italia fa alla Dia, «con lo scopo di intercettare le operazioni finanziarie riconducibili a contesti di criminalità organizzata». Nel 2024 la Dia ha analizzato oltre 150mila Sos, relative a circa 1,6 milioni di persone fisiche e giuridiche segnalate. I contenuti di oltre 50mila Sos sono stati individuati come potenzialmente attinenti alla criminalità organizzata, per un flusso di oltre 1,3 milioni di operazioni finanziarie sospette, corrispondenti a movimentazioni di denaro per 49,2 miliardi di euro. Circa un quarto delle operazioni (323.844) sono state effettuate online. Le restanti operazioni vedono al primo posto il Nord‑Italia (421.557), seguito dal Mezzogiorno (373.121) e dal Centro (224.969). La prima regione è la Lombardia (188.085), seguita da Campania (174.114), Lazio (116.288), Emilia‑Romagna (74.640) e Toscana (73.914).

Tra il 2010 e il 2024, sono stati sequestrati beni riconducibili alla criminalità organizzata per un valore complessivo di circa 90 miliardi di euro. A differenza di quanto osservato per il riciclaggio accertato, il valore più elevato si registra nel Mezzogiorno, con 46,4 miliardi di euro, pari a circa la metà del totale nazionale, seguito dal Nord con 25,3 miliardi e dal Centro con 18,3 miliardi. La distribuzione territoriale dei sequestri mostra, al di là delle oscillazioni annuali, una progressiva convergenza tra Mezzogiorno e resto del Paese. «Ciò conferma – si legge nel rapporto Svimez – come le mafie abbiano consolidato la capacità di reinvestire capitali illeciti nelle aree più sviluppate».

Controllo del territorio al Sud e investimenti al Nord, dicevamo. Una fotografia confermata dai dati che la Guardia di Finanza ha messo a disposizione dello Svimez. Il numero di partenza dell'analisi sono le denunce per usura, un indicatore formidabile della presenza dei clan mafiosi: al Sud, dal 2010 al 2024, sono state 2.739 le denunce per usura, al Centro 1.175 e al Nord 1.401. Nelle aree di origine le mafie «traggono potere ma anche “prestigio” sociale», che poi è utilizzato per le attività illecite anche di altissimo profilo economico‑finanziario. Giovanni Falcone, non a caso, parlava delle «menti raffinatissime» delle mafie. In generale le denunce contro la criminalità organizzata nel periodo 2010‑2024 sono state 7.175 nel Mezzogiorno, 2.095 nel Centro e 1.894 nel Nord. «La distribuzione percentuale mostra infatti come il Mezzogiorno concentri stabilmente oltre la metà delle denunce in tutti gli anni considerati, con valori che oscillano tra il 60 e il 90% del totale nazionale».

Dicevamo che la 'ndrangheta è la mafia più potente, anche perché ha saputo creare legami affaristici‑criminali anche in altri territori. E i numeri del potere sono evidenti: nel 2024 sono stati emanati 138 provvedimenti interdittivi antimafia da prefetture al di fuori della Calabria (alcuni dei quali in aree d’origine di altre matrici criminali quali Sicilia, Puglia, Campania, Lazio e Basilicata). Cosa Nostra cerca di conquistare terreno: dai provvedimenti antimafia (123) adottati «sono emersi in prevalenza tentativi di infiltrazioni in società o aziende operanti nei settori dell’edilizia, della ristorazione ed affini, del settore sanitario e in quello dei servizi funebri, dei servizi per la manutenzione di strade ed autostrade, del trasporto merci su strada e del settore agricolo (coltivazioni agricole nonché allevamento di animali)».

Un interrogativo è contenuto nel rapporto Svimez che dovrebbe fare riflettere: le poche denunce registrate al Nord sono davvero indice di una minore pervasività mafiosa o, piuttosto, segnalano forme più sofisticate e meno visibili di presenza criminale, difficili da intercettare e denunciare? Questo vuol dire che le politiche di contrasto vanno ancor di più affinate, per non farci trovare impreparati. Anche dal punto di vista della tecnologia e del mondo finanziario ed economico che viaggia fra crypto valute e borse virtuali. «C’è un tema di politiche di contrasto che vanno aggiornate – si legge nelle conclusioni del capitolo – anche alla luce delle ingenti risorse pubbliche che stanno arrivando sul territorio attraverso il Pnrr e i fondi europei».