MEDIO ORIENTE
Palestina, papa Leone: «Israele ancora non accetta la soluzione dei due Stati ma è l'unica soluzione»
Il Pontefice in volo dalla Turchia al Libano: "Con Erdogan ho parlato di Ucraina e Gaza"
Le ferite del Medio Oriente irrompono nella trasferta del Papa, dove al centro resta la questione di Gaza e della Palestina, con una prospettiva dei due Stati che continua a non decollare.
Interpellato dai giornalisti durante il trasferimento da Istanbul a Beirut, il Pontefice osserva: «La Santa Sede già da diversi anni pubblicamente appoggia la soluzione di due Stati ma sappiamo tutti che in questo momento Israele ancora non accetta questa soluzione ma la vediamo come l’unica al conflitto che continuamente vivono».
E aggiunge: «Noi siamo anche amici di Israele e cerchiamo con le due parti di essere una voce mediatrice che possa aiutare ad avvicinarci ad una soluzione giusta per tutti».
Nel corso del volo, richiama anche il ruolo del presidente turco Recep Tayyip Erdogan: «È certamente d’accordo con questo», dice Leone, riferendosi alla soluzione dei due Stati. Il Papa confida inoltre nella sua influenza sul fronte ucraino: «Speriamo che Erdogan, con i suoi rapporti con il Presidente di Russia, di Ucraina e di Stati Uniti possa aiutare a promuovere il dialogo, il cessate il fuoco e risolvere questa guerra».
All’arrivo in Libano, l’ultimo segmento del viaggio restituisce il clima di un Paese di fatto in guerra: l’aereo pontificio viene scortato da due caccia. Un gesto in parte protocollare, già adottato altrove in passato per altri Papi, ma qui anche chiaro segnale di attenzione alla sicurezza, come testimoniano l’imponente schieramento di militari in aeroporto e lungo le arterie principali. È un Paese blindato e, insieme, entusiasta: nonostante la pioggia, le strade sono gremite.
Tra la folla, cristiani di diverse confessioni, scout in gran parte sciiti e molte giovani con il velo. Le campane delle chiese cattoliche suonano a festa. La visita era attesa da tredici anni: Benedetto XVI si fermò in Libano nel 2012; anche Francesco aveva desiderato tornare nell’«amato Libano», senza però riuscire a farlo. Oggi è giunto Leone XIV e le sue prime parole sono un versetto e un programma: «Beati gli operatori di pace!».
Nel discorso alle autorità, al Palazzo presidenziale, ha ricordato che in questa terra la pace «è molto più di una parola: qui la pace è un desiderio e una vocazione, è un dono e un cantiere sempre aperto». E ha esortato: «A voi che avete compiti istituzionali importanti all’interno di questo popolo, è destinata una speciale beatitudine se a tutto potrete dire di avere anteposto l'obiettivo della pace» anche «entro circostanze molto complesse, conflittuali e incerte».
Il Pontefice richiama poi il ruolo determinante di donne e giovani nella ricomposizione del tessuto sociale. Ai ragazzi che, schiacciati dalla violenza e da una crisi economica durissima, scelgono di emigrare, ricorda che gli operatori di pace «osano rimanere, anche quando costa sacrificio».
È un dato eloquente: i libanesi della diaspora sono più del doppio dei circa 6 milioni residenti. «Beate, dunque, le operatrici di pace e beati i giovani che restano o che ritornano, perché il Libano sia ancora una terra piena di vita», ha ribadito.
Ad accoglierlo, con onori solenni, il Presidente della Repubblica, Joseph Aoun: «Nella nostra terra oggi, come nella nostra regione, c’è molta oppressione e molte persone oppresse. Le loro ferite attendono la sua mano benedetta e anelano ad ascoltare la tua voce grande e coraggiosa», ha dichiarato al Palazzo presidenziale.
E l’appello: «Santo Padre, la imploriamo di dire al mondo - è l'appello del presidente - che non moriremo, né andremo via, né dispereremo, né ci arrenderemo. Resteremo qui, respireremo libertà».